RICOTTA
Pasolinis Kurzfilm La ricotta ist dem Vorspann zufolge „la Storia della Passione“. Wie aber wird die Passionsgeschichte von Pasolini erzählt? La Ricotta: Weichkäse ist das Wiedergekochte und verhält sich zu seinem Ausgangsprodukt wie die Scrittura zur riscrittura, die Schrift zur wiedergeschriebenen Schrift. In diesem Sinn ist La ricotta keine erste originäre Schrift, sondern eine riscrittura der Passionsgeschichte. Pasolinis Verweis auf die Passionsgeschichte sowie der Titel setzen also den Film in Bezug zur Schrift. Der Filmtheoretiker Pasolini hat selbst das Kino als cinema di poesia bestimmt und damit die filmische Zeichenpraxis am Modell der Dichtung ausgerichtet →Dizionario
Durch diese riscrittura oder ‚ricotta-Schrift’ besteht von Anfang an eine Distanz zwischen dem bereits geschriebenen Ereignis und seiner Wiederholung, aber auch eine Distanz zwischen den Medien: zunächst der Schrift im Verhältnis zum Film, was besonders in dem Moment unterstrichen wird, in dem Pasolini sein eigenes Gedicht Io sono una forza del passato vorlesen lässt. Dann zwischen der Malerei und dem Kinobild, wenn das tableau vivant sowohl die passio christi als auch das letzte Abendmahl zitiert. Und zum dritten zwischen dem Film selbst, inszeniert durch das Motiv des Films im Film mit Orson Welles als Regisseur und somit als alter ego von Pasolini als Regisseur von La ricotta. Wie Pasolini mit diesen intermedialen Bezügen spielt, zeigt sich vor allem darin, dass Orson Welles als Pasolini ein Pasolini-Gedicht zitiert, dieses aber nicht aus dem entsprechenden Gedichtband, sondern aus dem publizierten Skript des Films Mamma Roma vorliest.
Innerhalb dieser komplexen medialen Struktur inszeniert Pasolini eine Hauptfigur, Giovanni oder Stracci (Lump), der in der Rolle des „ladrone buono“ Schauspieler des inszenierten Filmprojekts ist. Das Spiel im Spiel, das den Film auf seine Inszenierungsmöglichkeiten und Reflexionsebenen öffnet, wird mit dieser Hauptfigur unterbrochen. Denn Stracci spielt sich selbst, er ist diejenige Figur, die zugleich am meisten spielt – wir verfolgen in erster Linie Straccis Handlungen – und am wenigsten spielt: Das Spiel, also die Reinszenierung der Kreuzigung als Wiederholung →Crocifissione, riscrittura der Passionsgeschichte, endet mit Straccis tatsächlichem Tod. Damit endet zugleich auch das Spiel (im Spiel), denn der Schauspieler, der eine Rolle spielt, ist mit dieser Rolle identisch geworden. Roland Barthes und Umberto Eco haben Pasolini dafür kritisiert, dass bei ihm die Zeichen und die Referenten zusammen fallen. Eine solche Buchstäblichkeit steht sowohl in Kontrast zur reflexiven Struktur der riscrittura, die den Film auszeichnet als auch zum Inszenierungscharakter, der den Film durch die Metaebene des Films im Film kennzeichnet.
Diese Paradoxie ist ein sehr entscheidender Moment in der Arbeit Pasolinis. Wenn Pasolini den Regisseur Orson Welles rufen lässt: „fare l‘atra scena“, dann ist dies ein doppeldeutiger Kommentar (worauf zudem sein Widerhallen von Schauspieler zu Schauspieler weist). Zum einen geht es darum, auf der Ebene des Spiels einen Szenenwechsel zu bewirken, also schlicht eine andere Szene zu drehen. Zum anderen geht es aber auch darum, die andere Szene zu drehen und dann hören wir vielleicht nicht nur „l‘altra scena“, sondern auch „l‘altra cena“ – das „andere Abendmahl“. Das Kino als Wiederschreibung der Passion in der Gegenwart impliziert eine Umkehrung der frohen Botschaft: Am Ende des Spiels steht nicht die Auferstehung, sondern buchstäblich der Tod →Sacer. Das Spiel der Passion bringt also deren Ernst hervor, sodass man weiter fragen kann, ob nicht umgekehrt die Passion das Spiel hervorgebracht hat. Denn es ist diese Umkehrbarkeit, die die Voraussetzung für das Spiel des Films und Pasolinis Autorschaft ist. →Macchina
Cornelia Wild
RICOTTA
Il cortometraggio di Pasolini La Ricotta è secondo il titolo di testa la storia della passione. Ma come viene raccontata da Pasolini la storia della Passione? La Ricotta: il formaggio tenero è ciò che viene cotto nuovamente e sta al suo prodotto di partenza come la Scrittura sta alla riscrittura, la scrittura al testo che viene nuovamente scritto. In questo senso La ricotta non è il primo scritto originario, bensì una riscrittura della storia della passione. Il richiamo di Pasolini alla storia della passione così come il titolo, pongono il film in relazione allo scritto. Pasolini stesso come teoretico dei film, ha definito il cinema come ‘cinema di poesia’, allineando la prassi dei segni cinematografici al modello poetico →Dizionario.
Attraverso questa riscrittura o ‘scritto della ricotta’ si realizza dal principio una distanza tra l’avvenimento già scritto e la sua ripetizione, ma anche una distanza tra i mezzi: prima vi è lo scritto in relazione al film, che viene in particolar modo evidenziato nel momento, in cui Pasolini fa recitare la sua poesia Io sono una forza del passato. Poi si realizza la distanza tra la pittura e l’immagine cinematografica quando il tableau vivant cita sia la passione di Cristo che l’ultima cena. In terzo luogo nel film stesso, messo in scena mediante il motivo del film nel film con Orson Welles nei panni del regista e quindi come alter ego di Pasolini il regista de La ricotta. Il modo in cui Pasolini gioca con queste relazioni intermediali emerge, in special modo, laddove Orson Welles, alter ego di Pasolini, cita una poesia di Pasolini. Welles non legge però la poesia dal volume corrispondente, ma da un manoscritto del film Mamma Roma.
All’interno di queste complesse strutture mediali, Pasolini mette in scena una figura principale, Giovanni o Stracci (Lump in tedesco) che, nel ruolo di ladrone buono, è l’attore del progetto filmico messo in scena. La recita nella recita che apre al film le possibilità di messa in scena e livelli di riflessione, viene interrotta da questa figura principale. Stracci, infatti, incarna se stesso ed è l’unica figura che più recita – noi spettatori seguiamo le sue azioni – ma che, al contempo, recita meno: la recita, il gioco, dunque la messa in scena totale della crocifissione come ripetizione →Crocifissione, riscrittura della storia della passione, termina con la reale morte di Stracci. Così termina anche la recita (nella recita) in quanto l’attore, che interpreta un ruolo, è morto come muore il personaggio del ruolo. Roland Barthes ed Umberto Eco hanno criticato Pasolini perché lui fa decadere sia i segni che i referenti. Ciò sta sia in contrasto con la struttura riflessiva della riscrittura, che contrassegna il film, che con il carattere della messa in scena, che distingue il film attraverso il meta-livello del film nel film.
Questo paradosso è un momento decisivo nel lavoro di Pasolini. Quando Pasolini fa gridare a Orson Welles il regista: “fare l’altra scena” questo è un commento dal duplice significato (la sua eco si ripete da attore ad attore). Si tratta, da un lato, di attuare un cambio di scena sul livello dell’atto recitativo, quindi, semplicemente, di girare una nuova scena. Da un altro lato si tratta, però, anche di girare l’altra scena e sembra di ascoltare, forse, non solo ‘l’altra scena’ ma anche ‘l’altra cena’. Il cinema come riscrittura della passione nel presente implica un rovesciamento della buona novella: alla fine non vi è la risurrezione, bensì letteralmente la morte →Sacer. La recita della passione provoca, dunque, una serietà che invita a chiedersi se la passione, al contrario, non abbia provocato la recita. È questo rovesciamento ad essere presupposto per il gioco del film e di Pasolini autore →Macchina
Cornelia Wild
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